Com’è profondo il mare!

Una lenta ed ineluttabile decadenza tecnica!

Sono sotto gli occhi di tutti le clamorose topiche arbitrali, dalla NBA ai campionati regionali passando per Eurolega, NCAA e vari campionati nazionali. Sicuramente tutto è amplificato dalla rete dove ormai le immagini viaggiano in tempo reale e le visualizzazioni si moltiplicano grazie alla condivisione. Qualcuno dice che tutte queste cose accadevano anche prima, ma avendo meno risonanza perché tramandate solo per via orale da chi aveva assistito all’evento o sporadicamente reperite su vhs o dvd. Può essere, ma vedendo ormai da alcuni decenni moltissime partite dal vivo ed in video, negli ultimi anni ho assistito ad un moltiplicarsi di scelte e gestioni tecniche assolutamente incomprensibili, anche in considerazione del fatto che ad altissimo livello la televisione è entrata prepotentemente per supportare le difficoltà arbitrali nelle letture di giocate sempre più veloci e sul filo dei millimetri e/o centesimi di secondo.

Molti fattori stanno contribuendo alla proposizione di prestazioni infarcite da errori, dimenticanze e rattoppi; la domanda non è più se gli arbitri conoscono il gioco, ma se si ricordano le regole. Mi spiego meglio: spesso è difficile entrare nella valutazione di situazioni grigie e dinamiche, dove la profondità e la distanza, piuttosto che l’attenzione o l’angolo di visuale, possono determinare una chiamata sbagliata: certe azioni viste e riviste sono talmente al limite che dare una certezza diventa impossibile! Per contro faccio faticare a capire l’arbitro quando sbaglia una regola facile, quando sbaglia una sanzione, quando nega l’evidenza del fatto anche dopo aver visto e rivisto le immagini, o quando per presunzione rifiuta l’uso dello strumento elettronico.

Difficoltà delle regole? Obiettivamente le regole sono sempre più complicate, tanto che spesso regolamento ed interpretazioni ufficiali (documenti scritti e pubblicati) entrano in conflitto; la scelta di costruire una casistica per ogni situazione con la relativa spiegazione ha provocato una crescita dei documenti smisurata da imparare a memoria. Comunque il conflitto evidente delle casistiche con alcuni passi del regolamento aumenta la confusione ed ovviamente compromette la corretta applicazione delle regole sul campo. Anche se spesso si tratta di tecnicismi arbitrali, oscuri ai più, la corretta applicazione di una regola e/o di una interpretazione sono fondamentali per un equo svolgimento della partita.

Ignoranza? Intesa come ignorare l’esistenza di qualcosa, ovvero la conoscenza sommaria e superficiale delle regole e delle stese interpretazioni. Se seguite i nostri post e soprattutto se leggete i commenti vi accorgerete che moltissimi addetti ai lavori, incluso gli arbitri, spesso non conoscono o non ricordano perfettamente la regola: sparano la prima cosa che gli viene in mente, arbitrando la clip come se fossero loro in campo, senza pensare a quali regole girano intorno alla giocata e quali possano essere le infrazioni commesse e tralasciando spesso ciò che succede intorno (tavolo, freccia, cronometro, shot clock dei 24”)

Allenamento? Probabilmente quasi tutti gli arbitri si allenano dal punto di vista fisico, ma palestra e corsa possono bastare? Molti si allenano anche con le squadre quando sono liberi dalle partite, ma la maggior parte inclusi quelli che fanno attività internazionale passano le settimane a viaggiare ed arbitrare e devono dedicare il resto del tempo a lavoro e famiglia.

Studiare? Quanto tempo rimane per guardare altre partite o riguardare le proprie partite, per leggere o rileggere il regolamento e le interpretazioni? I numeri ci dicono che pochi ci leggono su www.weref.it e qualcuno in più ci segue su Facebook; in ogni caso i numeri sono decisamente marginali, anche rispetto ad un numero esiguo di addetti ai lavori che potrebbero essere interessati a saperne di più! Anzi dovrebbero assolutamente saperne di più. Attenzione, vi ricordo che: più che risposte noi cerchiamo di sollecitarvi a farvi delle domande, non siamo depositari del verbo ma facciamo sempre riferimento alle regole.

L’arbitro è un atleta “solo” anche quando arbitra in coppia o in terna; non ha un allenatore che controlla e pianifica il suo lavoro, aiutandolo a crescere. Una riunione tecnica mensile in provincia, due o tre raduni l’anno e sporadici incontri con i propri istruttori possono incidere sul bagaglio d’esperienza e conoscenza? Che valenza tecnica possono avere valutazioni che servono a “classificare” una prestazione con un numero? Quanta aspettativa è caricata sul responso finale numerico? Quanta attenzione è distratta dall’interpretare ciò che viene detto in funzione del voto? Cosa si porta a casa da una valutazione, positiva o negativa che sia? Può valere il detto che sbagliando si impara? Francamente no! Può la quantità di partite arbitrate far crescere la qualità? Dai numeri non sembrerebbe: chi fa centinaia di partite l’anno non arbitra in serie A.

Giovani o vecchi? L’eterno dilemma! I vecchi si dimenticano velocemente di essere stati giovani, i giovani vogliono diventare subito affidabili. Quanto sono preparati i giovani ad affrontare un salto di livello? Siamo sicuri che la “percentuale di realizzazione” di un anziano sia sempre migliore di quella di un giovane?   Quali sono i programmi e meccanismi di integrazione tra giovani e anziani? Il sistema valutativo con graduatoria giova alla serenità ed alla crescita dei singoli?  C’è bisogno di un 1º,2º,3º .. ultimo arbitro della lista?  In un sistema numerico quanto gli episodi, soprattutto quelli finali, possono inficiare la valutazione? Tutti  gli errori commessi nel corso della partita, i fischi sbagliati o non presi hanno lo stesso peso per ogni singolo arbitro?

Gli arbitri come i giocatori hanno una parabola psico-fisica, solo pochissimi riescono a mantenere un livello di reattività/attenzione idoneo alla velocità del gioco. 45 anni sono un bello spartiacque dopo il quale inevitabilmente comincia la parabola discendente. In questo possiamo sicuramente imparare dal calcio! Certo l’esperienza permette di “recuperare” certe situazioni, ma se a volte arriva un aiuto, quante altre chiamate sbagliate da fuori posizione sanno di mancanza di fiducia e prevaricazione, oppure sono solo “ambientali”? Questo a volte fa deragliare più di una terna. La lotta tra il mantenere la posizione e il cercare l’affermazione provoca un effetto yo-yo tra chi cerca di non scontentare nessuno e chi affronta la partita in punta di fioretto, quando per tutti sarebbe necessario sfoderare la sciabola e proteggere il gioco tutti insieme. Certo è che sia più facile scaricare le colpe sugli altri che assumersi le proprie responsabilità. In ogni caso tutti devono controllare il match in modo tale che nulla possa sfuggire.

Il tempo esiguo di pochi dilettanti, stride con il tempo pieno di molti professionisti! Ogni giocatore ha a disposizione uno staff che lavora solo per lui e per i suoi compagni, individualmente ed in gruppo. Ogni suo movimento, azione, giocata, viene analizzato, vivisezionato, smontato e rimontato sia in campo che a video. La capacità di lettura e ripetitività vengono affinate giorno dopo giorno, i consigli e i suggerimenti arrivano da soggetti diversi per rafforzare il messaggio. Il lavoro di una settimana viene testato, sotto gli occhi del coaching staff, durante la partita e la possibilità di apportare correttivi in corsa può contribuire a migliorare la prestazione. Insomma un cantiere continuo!

Ma quale può essere l’anello di congiunzione tra due mondi così distanti? Mondi che comunque orbitano intorno alla stessa palla a spicchi! Sicuramente la metodologia: quella applicata ai giocatori deve essere ribaltata sugli arbitri. Per fare questo è necessaria una struttura, probabilmente appena distante da quella di un club, che ha bisogno di risultati immediati, ma abbastanza vicina a quella settore squadre nazionali, dove si costruisce nel tempo e ed i percorsi di crescita sono organici ed organizzati. Certo per mettere in piedi qualcosa del genere ci vogliono tempo e denaro, ma soprattutto uomini. I tempi sono maturi per dare un segnale di svolta e cominciare ad affrontare seriamente un problema prima che si trasformi in una deriva!